La vita comunitaria a volte può essere difficile, ma ci rende anche più forti. Ecco una simpatica storiella sull'importanza di tessere relazioni vere e non cedere alla tentazione di sentirci autosufficienti:
<<Una pigna gonfia e matura si staccò da un ramo di abete e rotolò giù per il costone della montagna, rimbalzò su una roccia sporgente e finì con un tonfo in un avvallamento umido e ben esposto. Una manciata di semi venne sbalzata fuori dal suo comodo alloggio e si sparse sul terreno. “Urrà!” gridarono i semi all’unisono, “È arrivato il nostro momento!”. Cominciarono con entusiasmo ad annidarsi nel terreno, ma scoprirono ben presto che l’essere in tanti provocava qualche difficoltà, ed esclamavano: “Fatti un po’ più in là, per favore!”. “Attento! Mi hai messo il germoglio in un occhio!”
E così via.
Comunque, urtandosi e sgomitando, tutti i semi si trovarono un posticino per germogliare. Tutti meno uno. Un seme bello e robusto dichiarò chiaramente le sue intenzioni: “Mi sembrate un branco di inetti! Pigiati come siete, vi rubate il terreno l’un con l’altro e crescerete rachitici e stentati. Non voglio avere niente a che fare con voi. Da solo potrò diventare un albero grande, nobile e imponente. Da solo!”
Con l’aiuto della pioggia e del vento, il seme riuscì ad allontanarsi dai suoi fratelli e piantò le radici, solitario, sul crinale della montagna. Dopo qualche stagione, grazie alla neve, alla pioggia e al sole divenne un magnifico giovane abete che dominava la valletta in cui i suoi fratelli erano invece diventati un bel bosco che offriva ombra e fresco riposo ai viandanti e agli animali della montagna. Anche se i problemi non mancavano: “Stai fermo con quei rami! Mi fai cadere gli aghi!”. “Mi rubi il sole! Fatti più in là!”. “La smetti di scompigliarmi la chioma?”.
L’abete solitario li guardava ironico e superbo. Lui aveva tutto il sole e lo spazio che desiderava. Ma una notte di fine agosto, le stelle e la luna sparirono sotto una cavalcata di nuvoloni minacciosi. Sibilando e turbinando il vento scaricò una serie di raffiche sempre più violente, finché devastante sulla montagna si abbatté la bufera. Gli abeti nel bosco si strinsero l’un l’altro, tremando, ma proteggendosi e sostenendosi a vicenda. Quando la tempesta si placò, gli abeti erano estenuati per la lunga lotta, ma erano salvi. Del superbo abete solitario non restava che un mozzicone scheggiato e malinconico sul crinale della montagna>>.
(Brano tratto dal libro “C’è ancora qualcuno che danza.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi).
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